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La povertà in Italia

6 Agosto 2015 // Fondazione F.Turati Onlus

L’ISTAT ha nei giorni scorsi pubblicato un report sulla povertà in Italia nel 2014, aggiornando anche i dati precedenti con nuove metodologie che hanno a riferimento la spesa delle famiglie.

La povertà viene distintamente letta nelle due dimensioni della povertà assoluta e della povertà relativa.

La povertà assoluta viene calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Vengono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e ampiezza demografica del comune di residenza): ad esempio, un adulto (18-59 anni) che vive solo è considerato assolutamente povero se la sua spesa è inferiore o pari a 817 euro mensili nel caso risieda in un’area metropolitana del Nord, a 732 euro qualora viva in un piccolo comune settentrionale e a 549 euro se risiede in un piccolo comune meridionale.

Una famiglia con due anziani ultrasettantacinquenni che vivono in un piccolo comune sono classificati come assolutamente poveri se la spesa è inferiore a 893 euro al Nord, 846 al centro e 682 euro al Sud.

Per la povertà relativa (la percentuale di famiglie e persone povere) ci si fonda su una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi: la soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese; nel 2014, è risultata di 1.041,91 euro (+1% rispetto al valore della soglia nel 2013, che era di 1.031,86 euro).

Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere.

Incidenza di povertà assoluta e relativa anni 2011-2014

Incidenza di povertà assoluta e relativa anni 2011 2014

La povertà assoluta

Nel 2014, 1 milione 470 mila famiglie (il 5,7% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta in Italia, per un totale di 4 milioni e 102 mila individui (6,8% dell’intera popolazione). Tra le persone coinvolte, 1 milione 866 mila risiedono nel Mezzogiorno (l’incidenza è del 9%), 2 milioni 44 mila sono donne (6,6%), 1 milione 45 mila sono minori (10%), 857 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (8,1%) e 590 mila sono anziani (4,5%).

Dopo due anni di crescita, tuttavia, nel 2014 l’incidenza di povertà assoluta è rimasta stabile: è stabile al 19,1% anche l’intensità della povertà che, in termini percentuali, indica quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente al di sotto della linea di povertà, ovvero “quanto poveri sono i poveri”.

Incidenza di povertà assoluta per titolo di studio e condizione e posizione professionale della persona di riferimento. Anni 2013-2014, valori percentuali

2013 2014
Titolo di studio
Nessuno-elementare 10,0 8,4
Media inferiore 8,6 7,8
Media superiore e oltre 3,1 3,2
Condizione e posizione professionale
Occupato 5,5 5,2
-Dipendente 5,7 5,6
dirigente / impiegato 1,6 1,6
operaio o assimilato 9,9 9,7
-Autonomo 4,8 4,3
Imprenditore / libero professionista 2,3 *
lavoratore in proprio 5,9 5,5
Non occupato 7,3 6,2
Ritirato dal lavoro 4,8 4,4
In cerca di occupazione 23,7 16,2
In altra condizione 10,6 9,1

Pesa la tipologia delle famiglie: livelli elevati di povertà assoluta si osservano per le famiglie con cinque o più componenti (16,4%), soprattutto se coppie con tre o più figli (16%) e famiglie di altra tipologia, con membri aggregati (11,5%). L’incidenza sale al 18,6% se in famiglia ci sono almeno tre figli minori e scende nelle famiglie di e con anziani (4% tra le famiglie con almeno due anziani).

Pesa l’età della persona ed il titolo di studio : l’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento (i valori minimi, intorno al 4,6%, si registrano tra le famiglie con a capo un ultra cinquantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se la persona di riferimento è almeno diplomata l’incidenza è quasi un terzo di quella rilevata per chi ha la licenza elementare).

Pesa la condizione professionale :la povertà assoluta sale al 9,7% tra le famiglie di operai per raggiungere il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (16,2%). Pesa la realtà dove si vive: la povertà assoluta nei piccoli comuni del Mezzogiorno è quasi doppia rispetto a quella rilevata nelle aree metropolitane (9,2% contro 5,8%), al Nord l’incidenza più elevata si registra proprio nelle aree metropolitane (7,4% contro 3,9%); emergono perciò due diverse dimensioni del disagio: quella rurale del meridione e quella metropolitana delle regioni settentrionali.

La povertà relativa

Nel 2014, sono 2 milioni 654 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (il 10,3% di quelle residenti), per un totale di 7 milioni 815 mila individui (il 12,9% dell’intera popolazione), di cui 3 milioni 879 mila sono donne (l’incidenza è del 12,5%), 1 milione e 986 sono minori (19%) e 1 milione 281 mila anziani (9,8%). La povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (era al 10,4%.

La povertà relativa, balzata in alto dopo la crisi del 2008, dal 2012 ha iniziato una discesa che ha visto nel 2014 una sostanziale stabilità rispetto al 2013.

Famiglie povere
Anni NORD CENTRO MEZZOGIORNO ITALIA
Numero (migliaia) incidenza povertà (%) Numero (migliaia) incidenza povertà (%) Numero (migliaia) incidenza povertà (%) Numero (migliaia) incidenza povertà (%)
2007 604 5,3 318 6,9 1425 18,6 2348 9,9
2012 634 5,2 358 7,1 1731 21,5 2723 10,8
2013 559 4,6 344 6,6 1742 21,4 2645 10,4
2014 597 4,9 331 6,3 1726 21,1 2654 10,3

La povertà relativa è stabile in tutte le ripartizioni geografiche: si attesta al 4,9% al Nord (4,6% nel 2013), al 6,3% al Centro (6,6% nel 2013) e al 21,1% nel Mezzogiorno (21,4%). Anche rispetto ai gruppi di popolazione non si osservano dinamiche particolarmente accentuate.

Migliora la condizione delle famiglie di anziani al Centro (con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, dal 5,9% al 4,1%, o con al massimo la licenza elementare, dall’11,1% al 7,5%) e quella delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 32,3% al 23,9%), soprattutto nel Mezzogiorno (dal 49,3% al 29,5%), miglioramento quest’ultimo legato, analogamente a quanto evidenziato per la povertà assoluta, all’aumento di coloro che vivono con un occupato o un ritirato dal lavoro.

L’intensità della povertà, nel 2014, è risultata pari al 22,1% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 811,31 euro mensili; nel 2013 era di 801,10 euro mensili.

L’intensità è passata dal 24,1% al 22,8% nel Mezzogiorno mentre nel Nord e nel Centro, dove la spesa l’intensità risulta in leggero aumento al Nord (dal 18,3% al 21,5%) e sostanzialmente stabile al Centro (al 19,8%).

Se si guarda la dimensione regionale , il Trentino Alto Adige (3,8%), la Lombardia (4%) e l’Emilia-Romagna (4,2%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà.

Tosca e Lazio si collocano nelle prime posizioni ben al di sotto della media nazionale mentre i livelli più alti di povertà relativa si hanno tra le regioni meridionali dove si colloca anche la Puglia.

Incidenza % povertà relativa 2014

Incidenza percentuale povertà relativa 2014
Incidenza percentuale povertà relativa 2014

Il 28% delle famiglie con cinque o più componenti risulta in condizione di povertà relativa, l’incidenza raggiunge il 36,8% fra quelle che risiedono nel Mezzogiorno.

L’incidenza della povertà relativa è superiore alla media nazionale anche tra le famiglie di monogenitori (12,8%), soprattutto nel Mezzogiorno (dove è povera una famiglia su quattro), mentre risulta meno diffusa tra i single (4,4%) e le coppie senza figli di età inferiore ai 65 anni (6,5%, in leggero peggioramento).

Solo le famiglie con a capo una persona tra i 55 e i 64 anni mostrano un’incidenza (8%) inferiore a quella delle famiglie con persona di riferimento anziana (9,3%) mentre tra quelle più giovani l’incidenza della povertà diminuisce all’aumentare dell’età: dal 14,3% delle famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni all’8% di quelle con capo una persona tra i 55 e i 64 anni.

Ovviamente pesa il livello di istruzione: se è basso (nessun titolo o licenza elementare) l’incidenza di povertà è più elevata (15,4%) ed è quasi tre volte superiore a quella osservata tra le famiglie con a capo una persona almeno diplomata (6,2%).

Altrettanto per la condizione professionale : la diffusione della povertà tra le famiglie con a capo un operaio o assimilato (15,5%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori autonomi (8,1%), in particolare di imprenditori e liberi professionisti (3,7%), anche se i valori più elevati si osservano tuttavia tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (23,9%).

L’incidenza della povertà relativa è superiore tra le famiglie che vivono nei piccoli comuni (11,7%), quasi doppia rispetto a quella che si rileva nelle aree metropolitane (6,9%)

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