L’argomento non è certamente tra i più allegri dei quali parlare, purtroppo però non è neppure di quelli da far finta che non ci siano. Pur con tutta la buona volontà, quando si parla di anziani il rapporto con la morte è inevitabile. Ma siamo convinti che la fine della vita sia uno dei momenti che più di altri abbia il diritto della maggior dignità possibile. Chi, potendo scegliere, non vorrebbe terminare la propria esistenza terrena tra le mura della propria abitazione, con il calore e l’affetto dei propri cari? Il dato che emerge da un recente studio della Fondazione Lefebvre – Onlus autonoma, canonicamente eretta da Papa Giovanni Paolo II ed attiva nel campo delle cure palliative – attesterebbe che questo in Italia è possibile. Secondo uno studio che la Fondazione ha effettuato basandosi su dati Istat, in Italia il 43 percento dei decessi avviene tra le mura amiche, in particolare tra le donne e soprattutto al meridione, anche a causa della minor diffusione di strutture per le cure di fine vita. Un numero alto se paragonato a quello di altre nazioni: nel Regno Unito sono il 18 percento, in Francia il 25, in Germania il 30 e negli USA il 22. Per gli over ottanta addirittura il dato sale oltre il 50 percento. Sempre secondo lo studio, gli altri luoghi sono, sempre al riguardo della popolazione anziana, gli ospedali per il 53 percento e gli istituti di cura per il 4 percento.
Purtroppo, come era inevitabile che fosse dati i periodi di crisi generali, il prezzo da pagare per le famiglie è abbastanza alto. Sempre secondo lo studio diffuso, infatti, una famiglia su tre con anziani inguaribili, lasciata sola ad accudirli, finisce per spendere la maggior parte se non tutti i propri risparmi. Per altro famiglie ove i componenti, in un caso su quattro, hanno anch’essi più di 65 anni. L’accesso alle cure palliative è sempre molto difficile, in particolar modo per gli anziani che, con l’aumentare dell’età, vedono diminuire la possibilità di poter scegliere in piena autonomia il tipo di assistenza da ricevere. Si stima che sia almeno un milione il numero degli anziani con malattie croniche non oncologiche inguaribili che non riceve adeguata assistenza domiciliare e che per tanto “grava” sui familiari, spesso non in grado fisicamente ed economicamente di garantire loro le migliori cure.
Questo scarso accesso alle cure palliative sarebbe dovuto, secondo Adriana Turriziani, presidente della Società Italiana Cure Palliative, alla diffusa sottovalutazione dei bisogni degli anziani, in particolare dei disagi e dei dolori che essi provano nella fase terminale della vita, spesso riconducibili a malattie croniche quali demenze o scompensi cardiaci per le quali non è considerata alcuna terapia palliativa. Occorre dunque mettere a punto modelli assistenziali adeguanti ed una sinergia tra geriatri e specialisti in cure palliative, al fine di sollevare il carico gestionale economico ed emotivo dalle famiglie ed affrontare in maniera più efficace il tema delle problematiche di salute legate all’invecchiamento della popolazione. Come ha evidenziato Silvia Lefebvre, presidente della Fondazione dedicata alla madre, “ come già dimostrato negli Stati Uniti, questa sinergia è l’unica via per rispondere adeguatamente ai complessi bisogni degli anziani e garantire un’assistenza domiciliare che assicuri loro un’elevata qualità di vita”.
Un intervento in tal senso potrebbe certamente giovare anche al Sistema Sanitario Nazionale, in particolare alle strutture pubbliche come gli ospedali, sempre più affollati di anziani ricoverati a causa della inadeguata assistenza domiciliare. Secondo alcune stime, infatti, oltre la metà dei ricoveri nei pronto soccorso sia relativa ad anziani con malattie croniche.
In Italia, ricordiamo, le cure palliative sono regolate dalla legge 38/2010, che ne tutela e garantisce l’accesso nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza.