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Non scherziamo sui Pronto Soccorso

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di Fabrizio Binacchi. Va a finire che dovremo ringraziare quella donna di 59 anni legata alla barella da 4 giorni al Pronto soccorso del policlinico Umberto I di Roma perché ha fatto scoppiare il caso. Va a finire che dovremo ringraziare anche quell’infermiere che ha deciso quella forma speciale di attesa di un posto letto complesso perché con la sua scelta, più o meno razionale, ha fatto precipitare la classica goccia che fa traboccare il vaso.Il vaso dello scandalo di molti Pronto soccorso anche se certamente non di tutti. Alzi la mano chi non è capitato in qualche Pronto soccorso a vario titolo! Pochi, credo. Io ne no visti, e provati, parecchi, in Italia e all’estero, da cronista, da accompagnatore e pure da paziente. A Mantova e a Torino, a Firenze e a Berlino, a Roma e a Bolzano A Bologna naturalmente a più riprese con alterne fortune: da quello generale a quello ortopedico. A Mantova da giovane giornalista nei primi anni Ottanta, non c’era nemmeno l’idea della privacy, era quasi come stare in un ambulatorio di famiglia: prendevi i dati mentre medici e infermieri suturavano e visitavano. Non ricordo casi particolari di scandalo se non le solite polemiche su tempi e code. Ho anche provato una notte, da aggredito, proprio il Pronto Soccorso dell’Umberto I a Roma: non ero molto consapevole, causa pugni da rapina, ma credo di ricordare che in mezzora son passato dall’emergenza al letto del reparto. Un caso? Una situazione fortuita? Certo dipende tutto dal momento, dal flusso, dai turni, dalla panificazione e dalla contingenza. Certo che i finanziamenti sempre più scarsi, il personale sempre più demotivato e l’organizzazione non curata in questi ultimi tempi hanno fatto la differenza. Ricordo che fu an latro aspetto a colpirmi in quella esperienza al Policlinico Umberto di Roma: era quel lungo corridoio sotterraneo che unisce i reparti e i laboratori, una specie di autostrada delle carrozzelle e delle barelle, tra sporcizia, topi e umidità. Un giornalista dell’Espresso ne fece una denuncia articolata qualche anno dopo. Mettiamo le cose in fila. Primo punto: non scherziamo sui Pronto soccorso. Ha ragione il senatore e medico Marino: quella donna legata siamo tutti noi. E diremo di più: i Pronto soccorso della pubblica sanità, alla stregua di altri presidi pubblici, sono pezzi dello Stato. E come pezzi rilevanti dello Stato non possono che essere luoghi consoni alle esigenze dei cittadini che sono la ragione di vita dello Stato. Come le scuole pubbliche e le università, come gli uffici finanziari e tecnici, come le carceri.. Su questo non dobbiamo scherzare, perché è in gioco la credibilità stessa dell’essere e del fare Stato. E’ logico e scontato ma va ricordato: si tagli dove la spesa è davvero improduttiva e chiusa in se stessa, e non dove le ricadute nulle o peggio dove sono assai negative e pesanti per la collettività dei più poveri e dei più bisognosi. Poi ovviamente ci vuole una nuovo sistema di medicina del territorio e ambulatori di base aperti sette giorni su sette come in altri Paesi civili del Mondo, ma questa è un’altra storia. Anzi una storia obbligatoria di domani.

Fabrizio Binacchi
Direttore Sede RAI Emilia Romagna

24 Febbraio 2012 | Fondazione F.Turati OnlusPubblicato in: Notizie, Primo piano
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