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Quei quattro amici decisi a riprendersi la vita

24 Febbraio 2012 // Fondazione F.Turati Onlus

Un ex partigiano e tre suoi coetanei che sognano l’amore anche a 80 anni. Nel libro “La banda degli invisibili” Fabio Bartolomei, al suo secondo romanzo, racconta come la rassegnazione della vecchiaia può lasciare il posto alla forza dell’ironia e della complicità. Di Silvana Mazzocchi, da La Repubblica del 13 febbraio 2012.

Sbiadisce con un sorriso l’immagine dell’anziano debole, rassegnato, senza passioni e senza voglia di vivere e diventa più nitida la possibilità di farcela con la forza dell’amicizia, con la resistenza umana e con l’ironia. La tendenza dei nostri giorni è cancellare chi non vince, chi non ha soldi , chi è lento, chi non accetta l’invisibilità della vecchiaia. E invece si può non arrendersi alle miserie quotidiane. E tornare a esistere con dignità, inventando un riscatto, sognando un amore che illumini l’ultima fetta della vita, anche a ottant’anni, e persino oltre. Chi non ricorda Pranzo di ferragosto, film corroborante e intelligente che mostrava vecchie signore finalmente disposte a lasciarsi andare per riprendersi almeno un po’ di allegria? Ora è un libro La banda degli invisibili, secondo romanzo di Fabio Bartolomei, sceneggiatore e pubblicitario con il dono della scrittura lieve e insieme incisiva, a regalarci di nuovo un po’ di ottimismo.

Si parte da una foto contemporanea: quattro amici ammazzano l’ozio nel centro anziani di un quartiere romano di periferia, facendo continuamente i conti con le ristrettezze imposte dal minimo della pensione. E si ribellano, inventano un’azione dimostrativa eclatante, addirittura progettano di rapire il premier, Silvio Berlusconi. Vogliono che si scusi per la vita grama a cui sono costretti tutti “gli invisibili” del Paese. A guidarli è Angelo un ex partigiano che sessant’anni fa ha fatto la sua parte e che adesso, mentre spera che la sua quasi coetanea Lauretta voglia andare avanti con lui mano nella mano, dedica tempo, attenzione e affetto ai suoi amici , Ettore, Filippo e Osvaldo. E con loro inventa, programma, pianifica. Ma, insieme ai suoi amici, deve anche misurarsi con la salute che zoppica, con le forze che non ci sono più, con i soldi che non bastano mai, neanche per concedersi una pizza o una gita. Ed ecco allora la pazza idea del rapimento, che così pazza non è, tanto prolifica si rivela l’inventiva e la voglia di partecipare che non solo i quattro amici, ma anche i loro coetanei del quartiere dimostrano. Vogliono solo riprendersi la dignità, ricevere un riconoscimento per le loro quotidiane rinunce, per non contare nulla, per essere stati tagliati fuori da tutto e tutti. L’epilogo è leggero e “sorridente” e la voglia di non arrendersi mai è raccontata con una positiva leggerezza che sdogana la trama surreale.

Perché, dopo Giulia 1300 e altri miracoli, un libro come La Banda degli invisibili?

Perché l’amicizia, la voglia di riscatto e l’umanità che emerge dalla debolezza non sono temi che si esauriscono con un libro solo. Potrebbero interessare l’intera opera di uno scrittore. E io sono appena al secondo atto. In Giulia 1300 e altri miracoli la debolezza dei protagonisti era un rammollimento intellettuale e morale, una perdita di valori che generava dei guitti da commedia all’italiana. Per La banda degli invisibili il discorso è molto diverso, ci troviamo di fronte a persone meravigliose, piene di dignità, indebolite solo dal peso degli anni e dalle continue sconfitte inflitte da una società che è fatta apposta per tagliare fuori i più deboli e i più lenti. Dalle avventure di un gruppo di quarantenni inquieti sono passato alle inquietudini di un gruppo di ultraottantenni che, da ex partigiani e combattenti per la libertà, ora sono ridotti ad affrontare le misere battaglie quotidiane. Finché ovviamente non decidono di regalarsi un’ultima azione gloriosa, degna di ciò che erano e di ciò che sono diventati. Il motivo principale comunque è che sono sempre stato attratto dal mondo degli anziani, lo trovo affascinante anche perché sono convinto che le persone mostrino realmente tutta la ricchezza e la complessità del proprio carattere solo quando si trovano ad affrontare delle difficoltà, che nella terza e nella quarta età sono praticamente una sfida giornaliera.

Spirito d’avventura e amori impossibili, la quarta età può essere davvero davvero così frizzante?

Certo mantenere uno stile di vita frizzante non è facilissimo per un anziano. Quando sei alle prese con i problemi di salute, con le ristrettezze economiche e con la solitudine continuare ad avere un ruolo attivo e dignitoso è molto complicato. In questo senso i protagonisti del romanzo sono dei privilegiati, hanno avuto la forza d’animo e la fortuna di ricrearsi un ristretto circolo di amicizie, hanno saputo vincere l’istintiva avversione per i centri anziani e purtroppo, in questo, rappresentano una piccola fetta della popolazione. Però gli esempi di anziani che non si arrendono mai, non mancano. L’idea di scrivere questo libro, per esempio, è nata guardando un video amatoriale girato qualche anno fa da alcuni ragazzi che erano stati avvicinati casualmente da un ex partigiano. L’uomo, Silvano Sarti, non era certo l’incarnazione del vecchietto dimesso che tutti abbiamo in mente al contrario, mentre discorreva spaziando dalla liberazione di Firenze fino al Social Forum, dimostrava un vigore, una passione e una capacità di incacchiarsi assolutamente sorprendenti. Un anziano così indomito può essere capace di tutto. Poi certo le condizioni per ricreare un gruppo combattente come quello messo in piedi dai miei protagonisti sono frutto della fantasia, così come l’ostinata – in parte folle – determinazione nel perseguire il loro scopo (penso per esempio alla decisione di rimettersi in forma con le sedute di allenamento al parco), ma il contorno di resistenza umana, di voglia di non arrendersi e di non mettere limiti alla passione quello sì, esiste. Mettiamola così: una buona parte del libro è assolutamente realistica, l’altra consideriamola un augurio per tutti gli anziani.

Non è più un tabù raccontare gli anziani con ironia. Che cosa è cambiato?

Per me l’ironia è uno strumento indispensabile e non per il puro piacere di sdrammatizzare o di strappare una risata, ma per la profonda convinzione che ogni essere ed ogni evento umano sia troppo complesso per pensare di analizzarlo servendosi di un solo registro. Raccontare che i protagonisti, ormai pronti all’azione, devono fare i conti con un problema di incontinenza non è solo una chiave per generare battute ed episodi divertenti, è un accorgimento per esplorare il disagio della terza età nella sua interezza, senza pietismi. E poi chissà, forse è cambiato il fatto che, data per acquisita la conoscenza dei problemi degli anziani, adesso si sente il bisogno di raccontare come questi problemi possono essere superati o anche solo combattuti. Se si ha in mente l’anziano debole, sopraffatto dalla vita e piegato dalle sconfitte l’ironia può risultare fuori luogo, ma gli anziani di cui parlo sono persone con una grande solidità interiore e l’ironia non è altro che un omaggio alla loro forza. Serve ad esaltarne le qualità e a renderli più veri. Il tentativo è quello di mostrare nel modo più genuino e veritiero possibile quanto sia disarmante il divario tra queste persone, i veri onorevoli del Paese, e i loro coetanei (perché buona parte sono coetanei, ricordiamolo) che siedono a Montecitorio e che dovrebbero costituire l’élite. Da una parte i cittadini temprati dalle difficoltà, dall’altra parte i potenti indeboliti dai loro stessi privilegi. Questo libro è un omaggio ai primi, ai secondi, tra le righe, un unico cordiale messaggio: tornate a occuparvi dei cittadini prima che i cittadini comincino a occuparsi di voi.

Silvana Mazzocchi
Da La Repubblica del 13 febbraio 2012

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